Un tempo procurarsi l’acqua non era così semplice come lo è al giorno d’oggi. Nonostante all’epoca dei nostri vecchi non fosse ancora una risorsa in via di esaurimento, l’acqua veniva sempre risparmiata, spesso riutilizzata e mai sprecata, soprattutto in tempo di guerra.

A Pasturana l’accordo per la costruzione dell’acquedotto è stato stipulato in data 17 luglio 1939 tra il Comune e il signor Leonardo Mosca, servizio che venne infine assunto dal Comune nel 1978.
Fino ad allora, occorreva quindi attingere dai pozzi, situati in alcune zone del paese, riempirne grandi secchi e portarseli a casa, dove venivano svuotati in recipienti per i vari bisogni domestici.

I pozzi privati...

...i pozzi comunali

Oltre ai numerosi pozzi presenti nei cortili privati, tra cui quello in via Mazzini che veniva chiamato “i pusu du rivou”, c’erano due pozzi comunali, uno tutt’ora visibile, in via Cavour all’angolo con via Garibaldi, e uno in via Dante (già via Vittorio Emanuele) non più presente.

Si attingeva l’acqua agganciando il secchio ad una catena e, azionando una manovella detta “i kurlu”, si faceva scendere in profondità. Per facilitare il lavoro, in seguito, nel pozzo in via Cavour, è stata posizionata una pompa. A volte si rompeva la corda oppure “i sigelo” si staccava, così si usavano i “groffi”, dei ganci che servivano appunto a recuperare i secchi caduti nell’acqua.

Il pozzo di via Garibaldi

Il pozzo di via Garibaldi si ritrova percorrendo una delle strade più antiche del paese, con la sua conformazione stretta e le case unite l’una all’altra; l’antico pozzo costruito con mattoni rossi appare addossato ai fabbricati e coperto da una tettoia a capanna.
Il pozzo, attualmente chiuso, aveva una profondità di 60 metri che gli permetteva di prendere l’acqua alla profondità del Rio.

Ancora oggi è un luogo “parlante” testimone di molti eventi che si realizzano nel territorio

Un evento drammatico al pozzo di Via Garibaldi

Al pozzo di via Cavour è legato un episodio drammatico, il suicidio della perpetua, nel giorno della patronale di sant’Anna, “a serva dei preve as ghe misa n’drainta” come raccontano i nostri anziani. Pare che la poveretta abbia lasciato le sue ciabatte davanti al pozzo, da dove fu poi ripescata dai pompieri, tra la costernazione dei presenti, qualcuno con il rammarico di aver usato “quell’acqua” per preparare il pranzo della festa. Per ogni necessità della casa si ricorreva all’acqua dei pozzi. Quando si trattava di lavarsi si riempiva un mastello e la famiglia intera poteva finalmente fare un bagno. Per il bucato si usava un po’ di sapone, acqua esclusivamente fredda e “olio di gomito” per rimuovere lo sporco dai vestiti, nella bella stagione si scendeva magari al rio per sciacquare i panni e stenderli al sole in compagnia delle altre donne.
 
 




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